Ed è qui che io abito,nel centro del mio giorno con i piedi per terra e mare tutto intorno.

domenica 25 ottobre 2009

Ecco mio figlio Antonio. Il maggiore. Oggi compie 22 anni. Tanti ne sono passati dal giorno in cui l'ho preso per la prima volta in braccio, l'ho stretto a me, guardato negli occhi, che già allora erano indagatori, curiosi. Un figlio ti cambia la vita, dà un senso profondo a tutto quello che fai.

Chiedo scusa a voi tutti se non sono molto presente...ma mi riesce molto difficile. Oggi, poi, non riesco ancora ad uscire dalla cucina, ma è stata una bella giornata. Grazie Stella per gli auguri...Come hai fatto a saperlo? Grazie a Viviana, per avermi dato alcune preziose indicazioni sui colori del blog. Sono una pasticciona. S'era capito, vero?
A tutti: Buona settimana!

venerdì 23 ottobre 2009

I balconi del millenovecento


Prima dei telefoni i balconi,
si usciva fuori e si mandava a dire.
Erano lo sfogo della casa, le ragazze non uscivano
a spasso
tranne per la funzione, la domenica.
Però stavano in vista sul balcone,
passava il giovanotto, un fiore conficcato nell'occhiello,
una sbirciata a scippo, l'intesa fulminata,
telegramma spedito con le ciglia.
Al balcone tra i vasi la ragazza dipanava un gomitolo,
ricamava a telaio, fingeva di pungersi con l'ago
per liberare gli occhi messi in giù.
Mia nonna si fidanzò al balcone.
E mia madre, d'estate, dopoguerra,
con altri amici esce sul balcone per il fresco
e un uomo, ventottanni, sedutosi vicino le chiede
di sposare.
Provengo dall'incontro di loro due là fuori, a Mergellina,
col cielo giocoliere del tramonto.
Ma da un altro balcone s'era affacciato pure l'impettito
a dichiarare guerra, sporgendosi rapace e pappagallo
sulla folla ubriaca di se stessa.
Era meglio se usciva alla finestra
e meglio ancora se teneva chiuso, così non si guastava
la storia dei balconi e dell'Italia del millenovecento.

(Erri de Luca, da L'ospite incallito)



Vi propongo questi versi di Erri de Luca, autore e poeta che tanto amo, perchè mi hanno divertita tantissimo. E certo l'amore, questo sentimento così importante, ha cambiato nel tempo,

il suo modo di manifestarsi. I balconi, le finestre, nel primo novecento sono stati testimoni di amori nati quasi furtivamente, da una sbirciata tra feritoie e vasi di fiori.
Tutto molto romantico...
E poi i balconi come testimoni della Storia. E qui....stendo un velo pietoso...anche se mi viene da pensare che ognuno trova il modo più consono e più adatto ai tempi, per arrivare alle folle...

domenica 18 ottobre 2009

Pensiero di fine serata


Ci sono sogni difficili da lasciar andare, ma poi si aprono gli occhi, ci si ritrova svegli e la realtà che era sfumata nel torpore riappare tale e quale.
La realtà a volte è dura, ma è solo da quella che si può ricominciare.



Uffa....domani è lunedì!!!!

venerdì 16 ottobre 2009

In un momento




Sono sfiorite le rose
I petali caduti
Perchè io non potevo dimenticare le rose
Le cercavamo insieme
Abbiamo trovato le rose
Erano le sue rose le mie rose
Questo viaggio chiamavamo amore
Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose
Che brillavano in un momento al sole del mattino
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
Le rose che non erano le nostre rose
Le mie rose le tue rose

P.S. E così dimenticammo le rose.

(per Sibilla Aleramo)


Dino Campana

martedì 13 ottobre 2009

Un pensiero di Dacia Maraini


"Per me la cosa più giusta che può fare un uomo oggi, è mettersi in crisi. Gli uomini che mi piacciono sono quelli che hanno il coraggio di rompere col proprio ruolo, che sono incerti, disperati, insicuri, e non sanno che pesci prendere."


Ecco, questi sono gli uomini che piacciono a me.
Lui, il compagno della mia vita, il partenopeo in esilio, è così. Perciò lo amo e ancora oggi sento che ho molto da condividere con lui.




domenica 11 ottobre 2009

Credo


Credo nella mia età, negli attributi di ogni età, nel dovere di intesificare questi attibuti.
Credo nella non esistenza delle esistenze imperiosamente necessarie.
Credo nel bronzo delle parole suonate nei secoli.
Credo nei gatti.
Credo nel miracolo delle parole vuote.
Credo nell'assurdo...
Credo negli orizzonti estetici aperti dalla psicanalisi.
Credo nelle grida.
Credo nelle calosce e nei preservativi.
Credo nella voce degli antenati insinuata nel flusso del cuore.
Credo nella spada della penna.
Credo nei sogni.....

geo bogza


geo bogza

Credo....di aver scelto quelli più vicini alle mie esperienze di vita, ma ne aggiungo altri:
Credo nell'onestà, nella sincerità, nella correttezza che devono essere alla base di tutti i rapporti importanti.
Credo che quest'ultimi siamo pochi, ma veri, intensi, profondi.
Credo nel valore della famiglia da difendere ad ogni costo...

Spero che si possa commentare, perchè nel mio blog è sparita la possibilità di commentare, anche se l'ho reimpostata.


giovedì 8 ottobre 2009

Cos'è il lavoro?



Il lavoro è amore rivelato.

E se non riuscite a lavorare con amore,
ma solo con disgusto,
è meglio per voi lassciarlo e seduti,
alla porta del tempio,
accettare l'elemosina di chi lavora con gioia.




Perchè se cuocete il pane con indifferenza,
voi cuocete un pane amaro,
se non potrà sfamare l'uomo del tutto,
e se spremete l'uva controvoglia,
la vostra riluttanza distillerà veleno nel vino.




E se anche se cantate come angeli,
ma non amate il canto,

renderete l'uomo sordo
alle voci del giorno e della notte.




da "Il profeta" di Gibran




Ho imparato da mio padre ad amare il lavoro. Papà era un capo cantiere edile...muratore, dall'età di 16 anni. Ha lavorato con tenacia, senza mai lamentarsi della fatica. Mai un giorno d'assenza, pochissimi giorni di ferie all'anno. Si alzava prestissimo al mattino, accendeva i camino e leggeva i miei libri, perchè lui non aveva potuto studiare, per lavorare e mantenere la sua famiglia d'origine.
Poi preparava il caffè e lo sentivo, dalla mia camera da letto, girare lo zucchero e fischiettare felice.
Poco prima di recarsi al lavoro, svegliava me, perchè dovevo andare a scuola, poi perchè studiavo all'università e, infine, perchè dovevo insegnare in una scuoa non vicinissima.
Quel suo risveglio sempre dolce...mi dava la carica per affronare nella giusta maniera la giornata.

Mi diceva che lavorare era il suo modo per pregare il Signore e ringraziarlo per quello che gli dava.

Le sue mani erano sempre ruvide, piene di calli, arrossate dal freddo. Solo quando si è ammalato, ho scoperto che aveva mani lunghe, lisce, bianche.

Il suo esempio è la mia forza...

domenica 4 ottobre 2009

Sera d'ottobre





Ti regalo una sera d'ottobre

Un repentino scalare di marce

la sera

la notte

le more di macchia

e il tuo silenzio

che mi pesa addosso

come un lungo silenzio lungo

come l'autunno che si chiude a riccio.

15 ottobre 1979


Allora ero molto giovane e non sopportavo il silenzio, il suo silenzio, perchè era duro da ascoltare, da affrontare, alla fine di una storia importante...solo per me. Avrei preferito un confronto diretto, l'ira, il rumoreggiare delle parole, anche di quelle senza senso. Invece ho riempito il silenzio di tante domande.

Non amo il silenzio quando segna la fine di un rapporto d'amore, d'amicizia...un rapporto che è stato significativo e che, in qualche modo, ti ha fatto crescere. Invece, m'accorgo che è la modalità preferita da tanti.

Nessuna parola, nemmeno un saluto....come a significare che non esisti più. Come se questo fosse possibile.

venerdì 2 ottobre 2009

Eravamo sette sorelle di Gabriele D'Annunzio

Eravamo sette sorelle,
Ci specchiammo alle fontane:
eravamo tutte belle.
Fiore di giunco non fa pane,
mora di macchia non fa vino,
filo d'erba non fa panno lino -
la madre disse alle sorelle .
Ci specchiammo alle fontane:
eravamo tutte belle.
La prima per filare
e voleva i fusi d'oro;
la seconda per tramare
e voleva le spole d'oro;
la terza per cucire
e voleva gli aghi d'oro;
la quarta per imbandire
e voleva le coppe d'oro;
la quinta per dormire
e voleva le coltri d'oro;

la sesta per sognare
e voleva i sogni d'oro;
l'ultima per cantare,
per cantare solamente
e non voleva niente.
Fiore di giunco non fa pane,
mora di macchia non fa vino,
filo d'erba non fa panno lino
la madre disse alle sorelle.
Ci specchiammo alle fontane:
eravamo tutte belle.
E la prima filò
torcendo il suo fuso e il suo cuore,
e la seconda tramò
una tela di dolore,
e la terza cuci
una camicia attossicata,
e la quarta imbandì
una mensa affatturata,
e la quinta dormi
nella coltre della morte,
e la sesta sognò
nelle braccia della morte.
Pianse la madre dolente,
pianse la mala sorte.
Ma l'ultima cantò
per cantare per cantare
per cantare solamente
ebbe la sorte bella.
Le sirene del mare
la vollero per sorella.

Gabriele D'Annunzio







Noi siamo solo due sorelle.... Diversissime. Una bionda, l'altra bruna. Una chiusa e un po' melanconica, l'altra bella, simpatica, sicura di sè.

La più bella, la più intrapendente, la più simpatica, quella che faceve strage di cuori? TU, sempre tu.

Io vivevo di luce riflessa, ma ero tanto orgogliosa di te. Ti trovavo simpatica, divertente. Ero solo rammaricata dalle attenzioni che mamma ti dava.Tu, non eri stata bene da piccola e, dunque, avevi bisogno di premure, di coccole, di continue giustificazioni...


A me non era concesso sbagliare. Io ero la figlia maggiore, quella perfetta, brava a scuola, non bella, imbranata e pure sfigata.



E ora che siamo due donne mature, in là negli anni...mi accorgo che molte cose sono cambiate e che SOLO nell'immaginanario di nostra madre tu sei una Eterna Peter Pan. Felice, sempre soddisfatta: una donna in carriera.
Io sono l'eterna insoddisfatta alla mercè dei miei "uomini": mio marito e i miei figli.
Una lettura assolutamente sbagliata della realtà.